martedì 25 febbraio 2014

La biblioteca squatter. Di come da ottant'anni siamo occupanti abusivi

Chi frequenta la biblioteca dal vivo, ma anche chi passa saltuariamente sulle pagine di questo blog sa che la “Michele Romano” ha sede in un’ala dell’ex monastero benedettino di Santa Maria delle Monache. La biblioteca è qui dagli anni ’30 del XX secolo – e spero possa rimanerci a lungo: difficile pensarla in un luogo diverso; incresciosa l’idea di chiusure o ridimensionamenti… ma non lanciamo allarmi e rimaniamo entro il solco di un articolo che si occupa solo di storia.
Ciò che forse è meno noto è che la proprietà dei locali in cui la biblioteca ha sede è del Demanio e manca un atto formale di concessione o un contratto che dia titolo alla nostra presenza in Santa Maria. Tecnicamente, saremmo degli occupanti sine titulo: una biblioteca squatter.




Eversione dell’asse ecclesiastico (1867)
La storia, in realtà, è lunga e in più parti lacunosa – per quanto ho potuto ricostruire dal materiale di archivio in nostro possesso (ASCI, B. 226, f. 4808) – e ha inizio all’alba della raggiunta Unità d’Italia, in quella (rara) stagione di acceso laicismo in cui, per andare contro il Vaticano, si nazionalizzavano i beni della Chiesa. In particolare, con il Regio Decreto 7 luglio 1866, il Regno d’Italia toglie il riconoscimento (e, di conseguenza, la capacità patrimoniale) a tutti le corporazioni, e le congregazioni e gli ordini religiosi; vengono così acquisiti al Demanio tutti i  beni da essi posseduti. Si stabilisce, però, che lo Stato, su richiesta degli enti locali, possa a sua volta devolvere i fabbricati conventuali a Comuni e Province, purché ne venga garantita una destinazione a fini pubblici.
(Per completezza, magari tra perentesi, va ricordato che la stagione dell’eversione dell’asse ecclesiastico non è stata esclusiva dei Piemontesi ma ha avuto primi germogli già in età murattiana. Ed infatti, a Isernia, già un monastero – quello dei Conventuali – era in proprietà del Comune: Palazzo San Francesco, tolto ai frati nel 1811, divenne sede dell’Amministrazione comunale nel 1842 – come abbiamo già detto qui).
Ma torniamo al 1867. Con deliberazione n. 40 del 27 maggio, l’allora Consiglio municipale di Isernia, su proposta del sindaco Achille Belfiore, richiede allo Stato tanto la chiesa quanto l’ex convento benedettino di Santa Maria delle Monache, sebbene quest’ultimo non sia libero, ma in uso al Ministero della Guerra come ospedale militare e caserma per le truppe. Già in precedenza, con deliberazione del 9 febbraio 1867, il Consiglio aveva formulato richiesta di devoluzione per i due ex conventi cittadini dei Minori Osservanti (Santa Maria delle Grazie, alla Fiera, distrutto poi nel 1943) e dei Cappuccini (Santa Maria degli Angeli: poi sede dell’ Ospedale civile, per intenderci), ma la decisione da assumersi a Firenze, nuova capitale del Regno, ancora era ignota. Così il Consiglio, nella delibera di maggio, ribadisce quanto già richiesto a febbraio, aggiungendovi istanza per Santa Maria delle Monache: 
«Il Consiglio (...) implora dalla magnanimità del Governo che nell’interesse civico e religioso di questi abitanti sieno concessi al municipio i locali dei soppressi conventi dei Minori Osservanti  e dei Cappuccini, insieme alle due chiese attigue e fornite di arredi, onde possa addire gli uni e le altre a vantaggio pubblico. (...) Fa simile rispettosa istanza per la chiesa con gli arredi del soppresso monastero delle Benedettine, perché assai utile alla città. (...) L’uso del fabbricato annesso alla terza chiesa (= il convento di Santa Maria delle Monache) non sarebbe variato dall’attuale, quante volte per i suoi fini il Governo lo sgombrasse in avvenire».
Per effetto della richiesta, il Comune ottiene tanto Santa Maria delle Grazie (adibito a carcere, poi distrutto dai bombardamenti del settembre 1943) quanto santa Maria degli Angeli (il vecchio Ospedale). Quanto al complesso di Santa Maria delle Monache, al Comune viene devoluta la chiesa, con tutti i suoi arredi sacri e opere d’arte, consegnata in data 7 aprile 1872 (verbale di consegna sottoscritto dal ricevitore del Registro e del Demanio, sig. Giovambattista Cattaneo, in ASCI, B. 107,  f. 1672). La consegna dell’ex monastero di Santa Maria delle Monache, invece, viene differita a data da destinarsi perché, come detto, in uso all’Amministrazione militare (ecco perché Santa Maria delle Monache viene anche formalmente indicata come “Caserma Griffini” o “Antico Distretto”). Una “condizione sospensiva” apposta alla consegna che perdurerà per oltre cinquant’anni.


Nuove rivendicazioni del 1926/27
L’ex convento di Santa Maria delle Monache rimane destinato a caserma fino agli anni Venti del nuovo secolo. Nel novembre del 1926, il Sindaco di Isernia – considerato che da poco, finalmente, i militari hanno abbandonato il quartiere – scrive alla Direzione Generale del Fondo per il Culto richiedendo «la cessione ai sensi dell’art. 20 della legge 27 luglio 1866, n. 3036». Il Fondo per il Culto, pur avvertendo che la richiesta va fatta al Demanio «al quale lo stabile è ritornato per essere stato sgomberato dal Battaglione di Fanteria che ivi aveva stanza», risponde: «Dagli atti di questa Amministrazione del fondo per il Culto non risulta che fu qui trasmessa copia della deliberazione 27 maggio 1867 di cotesto Consiglio comunale (…) onde si prega di spedirne una copia» (nota assunta al prot. del Comune con n. 4239 del 4 dicembre 1926).
Il Comune adempie, inviando copia della delibera richiesta in data 14 dicembre. Lo fa con  con nota prot. 4587, che non conserviamo, ma di cui si dà notizia in successiva corrispondenza del 1933.
Passa un altro anno e mezzo. L’Italia scivola sempre più verso il nero della dittatura e a Palazzo San Francesco si insedia non già un sindaco, ma un podestà scelto tra gli ottimati cittadini di fascistissima fede (legge 4 febbraio 1926, n. 237). Per Isernia, poco cambia: viene confermato podestà il sindaco, avv. Giovanni Buccigrossi.
Arriviamo al 1927 e con delibera del Podestà n. 134 del 7 agosto 1927, Isernia torna a a rivendicare Santa Maria delle Monache: preso atto che si è «risolta la condizione sospensiva che finora ne ha impedito la consegna al Comune (…) per trovarsi da quasi un anno il fabbricato chiuso essendo stata la guarnigione militare, che lo occupava, trasferita altrove (…) e considerato che il Comune sente la necessità impellente di affrettare la consegna stessa allo scopo di poterlo adibire a diversi servizi pubblici, che ora mancano di sedi convenienti, quali – soprattutto – l’asilo infantile», l’Amministrazione comunale «fa voti all’on. Ministero delle Finanze ed all’Amministrazione del Fondo per il Culto perché si compiacciano disporre nella rispettiva competenza la consegna al Comune di Isernia dell’ex convento delle Benedettine».
Le cose pare si mettano bene. La Direzione per il Culto risponde in un primo momento affermativamente, sebbene introducendo una ulteriore condizione: con nota prot. 1453 del 13/2/1928 si risponde che «la Direzione Generale del Fondo di Culto è disposta ad accettare la cessione dal Demanio del fabbricato in oggetto per cederlo a sua volta a codesto Comune ai sensi dell’art. 20 della legge 27 luglio 1866, n. 3036. Se non potrà effettuarsi il progetto del concentramento in detto fabbricato dei vari Uffici Finanziari che han sede in codesto Comune».
Pare si sia vicinissimi all’obiettivo. Il prefetto di Campobasso, in una confidenziale al podestà del 16/5/1928 (prot. 2151) si affretta «a comunicare che in data di ieri [ha] rivolto vive premure alla locale Intendenza di Finanza perché affretti presso il competente Ministero le necessarie determinazioni al riguardo, provvedendo magari alla consegna provvisoria dei locali».
Pare, ma malgrado il dichiarato progetto di concentramento non si compia per inidoneità dei locali, il venir meno della condizione sospensiva non viene fatta rilevare e la cessione al Comune non si perfeziona neanche stavolta, malgrado le vive premure di Sua Eccellenza.  





Le vie di fatto (1929)
Un anno più tardi, tuttavia, il Comune entra nella disponibilità materiale dell’immobile. C’è agli atti un verbale del 29 luglio 1929 (anno VII dell’era fascista) a firma del procuratore capo dell’Ufficio del Registro di Isernia, dr. Riccardo Taranto, e del podestà Giovanni Buccigrossi, nel quale il primo autorizza il secondo a trattenere le chiavi dei locali dell’ex Convento «onde il Comune sia in grado di provvedere all’alloggio durante la permanenza della Divisione militare di Napoli, che saranno in Isernia in questi prossimi giorni per le esercitazioni estive.»    
Quando i due si rincontreranno a distanza di sei mesi per procedere alla riconsegna delle chiavi, le cose si faranno più complicate. Nel verbale che ne dà conto, si legge, infatti, che «si sono oggi» – il 24 gennaio 1930 – «recati nei locali suddetti ma di essi non ha potuto effettuarsi la consegna perché si sono trovati in abusivo possesso i seguenti enti: Opera Nazionale Balilla, Opera Nazionale Dopolavoro con la aderente Sezione sportiva costituita dalla “Isernia Sportiva” (…) Alla fine del settembre 1929, l’Opera Nazionale Dopolavoro aveva costituito regolarmente in Isernia il Comitato comunale al quale mancavano i locali per la spedizione dell’attività culturale educativa e sportiva. A tale epoca, venuti a conoscenza che le truppe della Divisione Militare di Napoli si erano allontanate da Isernia lasciando i locali vuoti (…) considerando che i predetti locali erano inutilizzati mentre ottimamente potevano rispondere alle esigenze di detto comitato (…) il Comitato suddetto se ne mise in possesso. In seguito l’ O.N. Balilla, avendo bisogno di una sede per la educazione fisica degli studenti del R. Liceo Ginnasio di Isernia, presi accordi con O.N.D. locale per la comunione della palestra di ginnastica, installò in una delle sale dei locali stessi la propria palestra. Inoltre, avendo la “Isernia Sportiva” aderito all’O.N.D., trasferì la propria sede nella ripetuta Caserma.»  
Siamo, quindi, al momento genetico dell’occupazione abusiva. È, però, appena il caso di rilevare che tanto l’Opera Nazionale del Dopolavoro – istituita il 1º maggio 1925 dal regime fascista col compito d occuparsi del tempo libero dei lavoratori – quanto l’Opera Nazionale Balilla – «per l'assistenza e per l'educazione fisica e morale della gioventù», come recitava il nome completo dell’istituzione – erano associazioni rette dal Partito nazionale fascista, e – per il principio dello Stato-Partito – enti comunque riferibili, in ultima analisi, allo Stato, non al Comune, sebbene gli occupanti siano i comitati comunali delle predette associazioni fasciste.


«Date a Dio quel che è di Dio» (1930/33)
Le cose si complicano ulteriormente quando, per effetto del mutato clima concordatario instaurato dall’ “uomo della Provvidenza”, a reclamare allo Stato la proprietà dell’ex convento delle Benedettine è anche la Chiesa.
Una prima richiesta viene effettuata dal vescovo di Isernia appena firmato il Concordato del 1929. Ne troviamo notizia in una informativa che l’Ufficio del Registro di Isernia invia al podestà il 3/1/1930, nella quale si riporta virgolettato il contenuto di una nota (prot. 24171) del 21 dicembre 1929 pervenuta all’Ufficio del Registro dall’Intendenza di Finanza di Campobasso. Questo il testo, che trascriviamo integralmente: «S.E. il Vescovo di Isernia e Venafro (…) ha chiesto la cessione della fabbrica demaniale dell’ex monastero delle Benedettine con l’annessavi chiesa. In vista della richiesta pure inoltrata dal Comune di cessione di detto fabbricato, la Intendenza ha prospettato la quistione alla Direzione generale del Fondo per il Culto, perché la medesima avesse direttamente preso accordi con il Provveditorato generale dello Stato per stabilire con uniformità le direttive della trattazione e sistemazione della vertenza. Ed il Provveditorato, che all’uopo è stato interpellato, ha comunicato quanto segue: “poiché dalle informazioni assunte è risultato che la Chiesa di Santa Maria annessa all’ex monastero delle Benedettine di Isernia venne con verbale del 9 agosto 1905 ceduta dal Comune al Vescovo che ne ha curato e ne cura tuttora l’ufficiatura, non vi è dubbio che in forza dell’art. 8 della legge 27 maggio 1929, n. 848 devesi consegnare al Vescovo di Isernia e Venafro una parte del fabbricato ex monastico per esser adibito ad uso di rettoria. Quanto alla rimanente parte  del fabbricato, si ritiene che esso non possa ora consegnarsi al Comune ai sensi della legge 7 luglio 1866, n. 3036 perché non risulta che il Comune, dopo la soppressione dell’Ente e dopo lo sgombero da parte dei religiosi, abbia prodotto la domanda di concessione nel termine stabilito dal citato articolo, risulta invece che lo immobile è rimasto sempre in amministrazione del Demanio dello Stato, il quale lo ha consegnato all’Amministrazione della Guerra per servizi militari; e poiché con la soppressione del distaccamento militare il fabbricato è ritornato in possesso del Demanio, la cessione al Comune non può farsi a norma della legge 7 luglio 1866, ma secondo le disposizioni in vigore che regolano la materia degli affitti. Si potrà solo consentire la concessione in uso per un determinato periodo di anni e per un canone anche di favore, purché il Comune si accolli tutte le spese di ordinaria e straordinaria amministrazione e quelle di adattamento per adibirlo alle diverse organizzazioni del Dopolavoro , del doposcuola e dell’Opera Nazionale Balilla” La Direzione generale del Fondo per il Culto, condividendo pienamente le vedute del Provveditorato generale, ha disposto che a mezzo dell’ufficio Tecnico di Finanza sia proceduto alla ricognizione e fissazione dei locali che si riterranno idonei e sufficienti per l’abitazione del rettore della Chiesa. All’uopo è stato incaricato il predetto ufficio di prendere gli opportuni accordi con Monsignor Vescovo. La S.V.(Intendenza di Finanza di Campobasso) farà le debite comunicazioni al Vescovo e al Comune, per la parte che a ciascuno riguarda, richiedendo al Comune l’adesione alla proposta cui la cessione sarebbe subordinata per l’uso delle Organizzazioni del Dopolavoro, del Doposcuola e dell’opera Nazionale Balilla.»
Va opportunamente notato che, secondo l’Intendenza di Finanza, la cessione al Comune non può compiersi perché la primigenia domanda veicolata con la Delibera del maggio 1867 – prima dichiarata come mai pervenuta, e per questo richiesta una seconda volta e acquisita – viene ritenuta tardivamente posta. Come fosse una gara a ostacoli in cui nuove barriere vengono inserite in corsa, a creare nuovo inciampo ad un atleta già provato.
In ogni caso, il Comune non deve aver aderito alla proposta; tanto è vero, che a distanza di tre anni, con esposto del 10 marzo 1933, la Chiesa di Isernia torna a rivendicare la proprietà dell’intero complesso ex monastico. Questa volta è il vescovo di Bojano-Campobasso, mons. Alberto Romita (che per breve periodo – aprile 1932/marzo 1933 – regge la sede vacante  di Isernia-Venafro). Lo si apprende per relationem da una nota del 4 aprile 1933 (prot. n. 2500) che il podestà Buccigrossi inoltra al prefetto di Campobasso, che aveva precedentemente inoltrato al Comune l’istanza della Curia. Il Comune di Isernia chiarisce che il bene oggetto di richiesta «è quello stesso che in virtù della legge 7 luglio 1866 n. 3036 fu richiesto allo Stato in concessione dal Comune di Isernia con deliberazione in data 27 maggio 1867. Essendo però per un lungo periodo stato adibito a caserma di Fanteria, il materiale possesso dello stabile è stato preso dal Comune dopo che nel 1926 fu dislocato da Isernia il distaccamento della truppa che lo occupava e destinato a sede dei seguenti Uffici: Palestra ginnica coperta e scoperta per gli alunni delle scuole primarie e secondarie; locali di riunione degli Avanguardisti Balilla; Dopolavoro comunale; Regia Scuola di Avviamento Professionale.» Il podestà Buccigrossi interviene a sindacare la legittimità della richiesta del presule dimostrando, rispetto a Santa Maria delle Monache, il proprio animus rem sibi habendi: «non credo che l’istanza dell’ordinario diocesano possa essere accolta perché il diritto dell’Ordine delle Benedettine o del Vescovo a chiedere la retrocessione dell’immobile è prescritto per essere trascorsi fin dal 7 giugno 1932 i due anni assegnati dall’art. 1» – del Regio Decreto 1° maggio  1930, n. 695 – «per farlo valere».

«Animus rem sibi habendi» (1934)
Che il Comune mostri di considerare l’immobile – attenzione, l’intero immobile, non soltanto la parte che oggi ancora detiene e che ospita la “Michele Romano” – come cosa propria, a prescindere dalla formale qualificazione giuridica del possesso, sarà chiaro l’anno successivo, allorché deciderà aprirvi l’Antiquarium comunale e di trasferirvi – arriviamo, finalmente a noi – la biblioteca civica.
Agli atti c’è una lettera del regio ispettore onorario dei monumenti e scavi – l’avv. Ermanno d’Apollonio – del 7 aprile, con cui si segnala al podestà l’occorrenza «di far eseguire alcuni lavori di pittura nei locali di S. Maria delle Monache ed integrare l’importante raccolta già ivi collocata col materiale archeologico qui appresso descritto il quale trovasi attualmente abbandonato nelle campagne attigue alla niostra città e quindi soggetto a possibilie continue sottrazioni e distruzioni»; il tutto per inaugurare il “Civico Museo” in data  21 aprile 1934.
(È appena il caso di ricordare, magari tra parentesi, che la gran parte del materiale esposto oggi presso il Museo archeologico di Santa Maria delle Monache, sezione di lapidaria latina, è di proprietà del Comune di Isernia, e solo consegnato alla Soprintendenza per fini museali).
Veniamo alla biblioteca. Sappiamo che la civica di Isernia – istituita nel 1874 – aveva sede presso il Regio Ginnasio “O. Fascitelli”. Il trasferimento in Santa Maria delle Monache avviene nell’autunno del 1934. Viene testimoniato, incidentalmente, dalla delibera con cui si autorizza il pagamento al muratore che ha eseguito i necessari lavori di edilizia in Santa Maria delle Monache. La delibera n. 270, del 20 settembre 1934, merita di avere trascrizione integrale, non fosse altro per essere il certificato di nascita della biblioteca “Michele Romano”:
«L’anno millenovecentotrentaquattro XII dell’E.F., addì venti Settembre in Isernia e nel Palazzo di Città.
Il Podestà del Comune di Isernia avv. Giovanni Buccigrossi assistito dal Segretario sig. Serafini Bartolomeo ha preso la seguente deliberazione:
visto che la biblioteca Comunale per angustia di spazio nei locali dell’edificio del R.Liceo, ove trovasi, dev’essere trasferita nei locali più ampi, ma da sistemare, siti nell’ex convento delle Benedettine;
che la prima delle opere di sistemazione è stata quella di un divisorio a mattoni costruito nell’amplissimo vano al primo piano corrispondente a quello sottostante ove è allocato l’Antiquarium;
che la spesa, compreso l’intonaco alle due facce, giusta la specifica del muratore Lombardozzi Cosmo fu Gaetano, in data 8 corrente, convalidata dall’ingegnere comunale ammonta lire seicentoquattordici e che essa debba far carico sul fondo delle spese impreviste per difetto di altro stanziamento nel bilancio;
delibera
È autorizzato il pagamento ecc. ecc.»




Date a Cesare quel che è di Cesare (1938/40)
Siamo arrivati quasi al termine della storia. Il Comune di Isernia, con l’apertura di museo e biblioteca, ha mostrato di considerare ormai cosa propria l’ex convento delle Benedettine. Ciò, va detto, anche per una sostanziale inerzia del Demanio, che tollera l’occupazione e si fa vivo a mostrare le carte bollate solo nel 1938. Il 12 aprile, il solito Ufficio del Registro di Isernia comunica al podestà ciò che il Ministero delle Finanze gli ha notiziato: «La Direzione generale del Fondo per il Culto (…) ha ritenuto, in conformità all’avviso precedentemente manifestato dallo scrivente (= Ministero delle Finanze) che la richiesta del Comune è priva di fondamento. All’uopo ha dichiarato che, da un attento esame della corrispondenza, è risultato che il Comune di Isernia è decaduto da ogni diritto in quanto la deliberazione del 27/5/1867 diretta ad ottenere il fabbricato non ebbe seguito non avendo il Comune stesso, a suo tempo, richiesto al Fondo per il Culto la consegna dello stabile, né comunque comunicato la citata deliberazione. Ciò stante questo Ministero deve dichiarare che il fabbricato di cui trattasi è di proprietà del Demanio e che la occupazione effettuata dal Comune costituisce un atto arbitrario» (nota assunta al prot. del Comune di Isernia al n. 2350 in data 13/4/1938).
L’affermazione è di quelle che non lasciano margini di trattativa. Non avete fatto per tempo la richiesta, anzi l’avete fatta ma non ce l’avete spedita. Se anche l’avete spedita, l’avete fatto tardi. Pare di sentire il lupo di Fedro per cui ogni pretesto è buono per mangiarsi l’agnello.
Il Comune deve  rilasciare l’immobile, andarsene con tutti i suoi libri, bassorilievi, labari e gagliardetti. Ma siamo comunque in Italia, è i termini non sono mai perentori. Vogliamo forse sloggiare i dopolavoristi? Gli avanguardisti? I ginnici ginnasiali? Giammai. Il Comune mostra acquiescenza alle ragioni del Demanio e chiede però di poter rimanere riconoscendosi alieni iuris. Una ennesima comunicazione dell’Ufficio del Registro di Isernia prot. 2770 del 27/3/1940) notifica al podestà che «il Ministero, in considerazione della natura degli Enti che sono attualmente allocati nel fabbricato in oggetto ha autorizzato a regolarizzare l’occupazione del fabbricato stesso da parte di codesto Comune mediante la stipula di apposito atto di concessione in uso ventinovennale dietro corresponsione del canone annuo di L. 300 (trecento) a solo titolo di riconoscimento della proprietà demaniale. Pertanto, (…) codesto ufficio (= ufficio del Registro di Isernia) stipulerà subito il relativo atto con decorrenza 18 marzo 1927 data in cui l’immobile venne dismesso dal Ministero della Guerra al Demanio ed abusivamente occupato dal Comune.»   
Pensate che si sia stipulato subito come vuole il Ministero? Macché.


Le invasioni barbariche (1940/oggi)
Il 10 giugno l’Italia entra in guerra. C’è da sistemare un sacco di rompiscatole, antifascisti, ebrei, allogeni slavi, zingari, apolidi. Dall’ottobre 1940, in Santa Maria delle Monache, viene istituito un campo di internamento per detenuti politici (ne abbiamo parlato qui). Beffa delle beffe: il Ministero degli Interni viene a occupare i locali prima occupati dal Comune (sono le camerate che ospitavano l’O.N.D. e gli Avanguardisti, lato Corso Marcelli). Che vuoi stipulare con il Ministero delle Finanze se un altro ministero viene a prendersi i locali?  
È così che una nota del prefetto di Campobasso del 15/4/1941 (prot. 3470 del 17/4/1941) si sforza di non far rilevare la contraddizione invitando nuovamente  il Comune a prendersi le proprie responsabilità. «L’Intendenza di Finanza mi comunica che alle reiterate sollecitazioni per la stipula dell’atto di concessione in uso ventinovennale dello stabile demaniale in oggetto avete risposto di non poter prendere in merito alcuna concreta decisione dato che il fabbricato è attualmente adibito a campo di concentramento degli internati politici. Poiché l’Intendenza fa nuove insistenze a riguardo e fa presente la necessità di sistemare la contestazione, in quanto questa si riferisce al periodo antecedente alla circostanza odierna che il fabbricato sarebbe adibito a campo di concentramento per internati politici e di conseguenza tale circostanza non può influire sul rifiuto ad addivenire alla sistemazione per l’abusiva occupazione, si prega voler addivenire alla determinazione nei sensi voluti dal Ministero delle Finanze
Il fascicolo termina qui, e anche la storia che fino a qui abbiamo raccontato.
Le cose si misero male per l’Italia e per Isernia e non ci fu più tempo per le stipulazioni fittizie a salvare le forme, le prefettizie di sollecito e altre burocratiche menate.
La guerra arrivò a casa. Il nemico, poi amico, bussò alle porte, energicamente, scuotendo case e palazzi. I nuovi nemici della Wehrmacht pensarono bene di far saltare la Chiesa di Santa Maria delle Monache per rallentare l’8a Armata in risalita verso nord. L’ex convento continuò ad ospitare gli internati politici fino al settembre del ’43; poi i detenuti comuni, i carcerati di Santa Maria delle Grazie andato distrutto il 10 di settembre. Arrivarono poi gli sfollati, i senza tetto e ci fu posto anche per loro.
In mezzo al caos, in questi anni drammatici, la biblioteca c’era, rifugio di civiltà contro le miserie morali e materiali della guerra.




Negli anni della ricostruzione, dell’entusiasmo, del boom economico, della crisi, del riflusso, di internet la biblioteca c’è sempre stata.
La proprietà dei locali che la ospitano non si è mai chiarita, e ancora adesso siamo qui da occupanti abusivi.
Che ci provino a mandarci l’ufficiale giudiziario: ci troverà incatenati alla copia delle Memorie historiche del Sannio.


(foto: www.facebook.com/groups/comeeravamounavolta/)


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