Nella ortogonalità dell’impianto viario del centro storico
di Isernia – di chiara matrice latina – c’è da registrare l’asimmetria di Vico
Storto Castello, che interseca a 45° l’asse di Corso Marcelli.
Non è dato
sapere se l’obliquo vicolo sia da imputarsi ad una distrazione del gromatico,
all’atto di fondazione della colonia di Aesernia. Certo, non c’è alcun impedimento
naturale oggi leggibile – rocce, sorgente, fossi – per giustificare uno
scostamento così significativo dall’impianto ortogonale.
Probabilmente il tratto obliquo nasce con
la città altomedievale, e secondo Franco Valente collegava, nell’area della
città a influenza longobarda, il cuore religioso (Santa Maria delle Monache) a
quello civile (il Castello, rimasto nell’onomastica cittadina) e situato
proprio dalle parti dell’odierna Piazzetta S. Angelo (o, secondo altre letture,
più oltre verso il Palazzotto)
Per dovere di cronaca, va anche detto che non concorde è la
presenza di un castello a Isernia e che il locativo “Castello” (che marchia
oggi più vicoli e anche una porta urbica) sia stato creato nell’ottocento
italianizzando l’isernino “Catieglie” a sua volta dovuto a “Catellus”, probabile cognomen romano.
Rimane in ogni caso il mistero
del vicolo obliquo. Se tuttavia si inquadra l’abitato basso della città nel
territorio circostante appare chiaro che il vicolo storto ripete, entro le mura,
un tracciato viario in linea retta, riscontrabile oltre la città, attuale e
passata.
Trovandoci in territorio di tratturi, sappiamo che sentieri
e riposi precedono la costruzione degli abitati. È pertanto probabile che sia
stato l’impianto urbanistico della città a doversi adeguare ad un preesistente
tracciato che attraversava il sito (tra l’altro secondo un allineamento di pochi
gradi discosto da quello nord-sud).
Lungo tale tracciato, tra l’altro, in città e fuori, sorgono/sorgevano
una significativa teoria di chiese. Da wikipedia (ma la voce inglese è redatta
decisamente meglio) leggo che «le linee temporanee o linee di prateria, note
anche con il termine inglese Ley line, sono dei presunti
"allineamenti" tra punti geografici di interesse, come monumenti e
megaliti, ai quali vengono attribuiti da alcuni movimenti pseudoscientifici e
New Age ipotetici poteri magici o spirituali.»
Avendo avuto un passato da
psicogeografo (anche se non militante), parlo allora qui semiseriamente di “Ley line
di Isernia”.
La Ley line è
tracciabile, con allineamento nord-sud,
dalla Chiesa della Madonna del Paradiso (oltre il punto “a”, fuori mappa),
per arrivare all’antica chiesa di San Giuseppe (Piazzetta s. Angelo, punto “b”),
giungere alla non più leggibile San Giacomo del Tempio (“c”), proseguire per Santa
Maria “delle Monache” (“d”), scendere incontrando la chiesa rupestre di S.
Elmo/S.Erasmo e finire al santuario dei S.S. Cosmo e Damiano.
La spezzata tracciata in rosso segue il percorso moderno, e deve fare i conti con barriere poste con gli anni, dal capriccio degli urbanisti, alti e bassi, che hanno modificato la città. Se si considerano solo i punti toccati, la linea tracciabile è molto più lineare. A voler essere "puntuali", si può costruire come insieme di due rette tangenti: la prima passa per i punti "a", "b", "d" e "e"; la seconda unisce "c", "e" e "f". N.v.d. (nulla volevasi dimostrare). Si sa che a parlare di Ley lines, si gioca.