giovedì 30 giugno 2016

Postfazione per «Manoscritto inedito sulla chiesa vescovile di Isernia | anno 1843 | del canonico Vincenzo Piccoli arciprete, 1° dignità del Capitolo di Isernia»


Manoscritto inedito sulla chiesa vescovile di Isernia | anno 1843 |
del canonico Vincenzo Piccoli arciprete, 1° dignità del Capitolo di Isernia

a cura di Paquale Damiani; 

prefazione di Mons. Claudio Palumbo; 
postfazione di Gabriele Venditti, Isernia, 
Terzo Millennio, 2016.



Postfazione

Il breve saggio del canonico Piccoli qui riprodotto – non si confonda la quantità per la qualità – è custodito in originale nella sezione Archivio della Biblioteca comunale “Michele Romano”.
Altre volte, in occasione di mostre documentarie o altre pubblicazioni, ho avuto modo di richiamare l’attenzione su un diverso e più nutrito archivio presente presso la biblioteca, l’Archivio storico comunale, sezione separata dell’Archivio comunale istituita ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. 30 settembre 1963 e costituita dai documenti prodotti dall’Amministrazione comunale nel corso del tempo e qui versati per essere  conservati e utilizzati a scopo scientifico e didattico. Ne ho parlato in termini di miniera minimamente esplorata e sfruttata, da cui poter estrarre tesori sotto forma di testimonianze storiche.

Probabilmente, è mancata finora l’occasione per rimarcare l’importanza del diverso fondo archivistico – l’Archivio della biblioteca, appunto – che raccoglie, invece, documenti di diversa provenienza, che hanno come autore non l’Amministrazione comunale, ma privati, o altri enti, e che sono stati raccolti presso la biblioteca per il loro indiscusso valore in termini di testimonianza riguardo la storia politica, sociale, economica, artistica e culturale della Città di Isernia. L’Archivio della biblioteca si compone certamente di una minore mole di documenti rispetto all’Archivio storico comunale, ma – anche qui, quantità non vale per qualità – più importanti. Per dire, il privilegio di Carlo V che riconosce Ysernia città demaniale e libera da vincoli feudali, dato a Worms nel 1521 è conservato (nell’edizione a stampa del 1558) presso l’Archivio della biblioteca.

La Biblioteca comunale “Michele Romano” ha svolto, infatti, dalla sua costituzione – che risale agli anni ’70 del XIX secolo – accanto alla ordinaria funzione di biblioteca di pubblica lettura, quella, probabilmente più qualificante, di biblioteca di conservazione, con ovvio riferimento al materiale bibliografico e documentario riferito alla storia locale.  Per questo, nel corso degli anni, la biblioteca si è consolidata sede di elezione per la conservazione e la cura della memoria storica della comunità.

Ma conservare non significa tenere serrati gli armadi. Al contrario: se si custodisce e si preserva dalle offese degli anni il documento nella sua materialità, se ne deve invece diffondere quanto più possibile il contenuto, la dichiarazione che il documento incorpora. Conservare, infatti, non è un fine, ma un mezzo: conserviamo per tramandare conoscenza e consapevolezza di sé. Se il fine ultimo della conservazione è consolidare  e far crescere la memoria storica di una comunità – se è vero, come è vero, che «La memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda» (Octavio Paz) – il bibliotecario conservatore deve mostrare i documenti che ha in custodia, farli uscire da buste e faldoni che li nascondono al mondo, perché se non c’è niente di più inutile di un libro che non venga letto, non diversa è la sorte di carte d’archivio che attendano invano occhi che se ne interessino. 

(Gabriele Venditti)

sabato 25 giugno 2016

«Copia di un libro antiquissimo intitolato alla maestà delo sig. Re Ferrante Primo de Aragona. Delle cose accadute in Italia. Incominciando dalli anni di dopo Sei cento e cinque insino all’anno Mille cento e due. Quale libro stato trovato dall’ill.mo signore duca d’Andria»

 manoscritto
(per scaricare il file in versione .pdf, clic sull'immagine)

L’antico manoscritto qui integralmente scansionato è conservato nell’Archivio familiare d’Apollonio, ospitato presso la biblioteca. In esso un calligrafo ha vergato la «Copia di un libro antiquissimo intitolato alla maestà delo sig. Re Ferrante Primo de Aragona |Delle cose accadute in Italia. Incominciando dalli anni di dopo Sei cento e cinque insino all’annoo Mille cento e due | Quale libro stato trovato dall’ill.mo signore duca d’Andria». Altra, più grossolana mano, ha aggiunto: «In questo quintano si contiene la seg. antica Cronaca. Un Registro di n[otar] Dionigi di Sarno | Un altro di n[otar] Rugiero Pappasogna |Nobili del Sedile di Montagna».

Il manoscritto è opera eterogenea: la prima parte – quella che comincia per «In questo anno 605 morse S. Gregorio Papa» e finisce (al verso del foglio 7; pag. 15 della scansione) con la notizia «in questo anno 1102 nel mese di 9mbre morse Stefano abbate di Matera […]» ha per autore  – come scritto dalla stessa mano dell’ignoto copista – la cronaca di Lupo Protospata, come provato dal canonico teatino – ma napoletano di adozione – Antonio Caracciolo (1565-1642), che ne pubblicò un’edizione a stampa nel 1626 (intitolata Antiqui chronologi quatuor Herempertus Langobardus Lupus Protospata Anonymus Cassinensis Falco Beneuentanus cum appendicibus historicis. Ab his variae exterarum gentium in Neapolitanum Regnum irruptiones, praelia, ... veridico stylo describuntur. Nunc primùm è MM.SS. codicibus aspiciunt lucem, opera, ac studio Antonii Caraccioli […]), per i tipi dello stampatore napoletano Lazzaro Scoriggio.


Voce "Lupo Protospata" in Jean Baptist Ladvocat, Dizionario Storico Portatile, Volume 3, 1759

Lupo Protospata, era un dignitario bizantino vissuto in Puglia nel XI secolo;  compose il Chronicon rerum in regno Neapolitano gestarum, raccogliendo quanto di importante – a suo giudizio – era accaduto nel Regno di Napoli tra l’855 e il 1102.
Degli Annales Lupi Protospatharii , sempre nell’intervallo temporale 860-1102, esiste una volgarizzazione secentesca  di Colanello Pacca – cioè Niccolò Anello Pacca/Nicolaus Anellus Pacca Neapolitanus, medico, poeta, professore di filosofia, nato a Napoli e vissuto nel XVI secolo – che integra la cronaca di Lupo con i cd. Annales Barenses (che coprono, appunto, l’intervallo temporale 605-1043). Gli Annales Barenses, di anonimo cronista, si trovano integralmente versati nell’opera di Ludovico Antonio Muratori, Antiquitates Italiae medi aevi, vol. I (1738). Un’edizione critica del testo degli «Annales Barenses» e degli «Annales Lupi Protospatharii» è stata di recente curata da W. J. Churchill come tesi di dottorato per l’Università di Toronto: tutto il suo lavoro (in lingua inglese) è disponibile in rete qui.

Come può trarsi dal confronto tra il testo latino degli Annales (riportato in Muratori e – on line – da Churchill) e il testo volgarizzato leggibile nel nostro manoscritto, le due fonti – ovviamente per le parti presenti in entrambe, posto che il manoscritto riduce e seleziona il testo latino – coincidono: «Anno DCV [605] Obitus sancti Gregorii Papae. Phocas regnavit annis VIII.» e «In questo anno 605 morse S. Gregorio Papa et (sic) regnò anni otto» (omette la notizia su Foca, imperatore bizantino);  «Anno DCCLXXXII [782] Hoc anno Carolus rex celebravit sanctum Pascha in Roma et baptizatus est Pipinus filius ejus ab Adriano Papa.» e «In questo anno 782 Carlone celebrò la Santa Pasqua in Roma e Pipino suo figliolo fu battezzato da papa Adriano». Ecc.

La parte che epitoma gli Annales suddetti occupa i primi sette fogli del manoscritto (su un totale di 19).
Il foglio 8 si apre con la dichiarazione che «il presente libro dedicato alla maestà del Re Ferrante Primo era nel principio del volume delli giornali di Giuliano Passaro». Giuliano Passaro (o Passero) è il cronista autore dei Giornali, opera cronistica che copre gli anni 1189-1531 (un’edizione a stampa è Giuliano Passero, Cittadino Napoletano, o sia prima pubblicazione in istampa che delle storie in forma di giornali, le quali sotto nome di questo autore finora erano andate manoscritte […], per i tipi di Vincenzo Orfino, Napoli 1785). Segue asserendo che «di questi et altri manoscritti se ne fa mentione nel principio delli giornali di Gregorio Rosso, stampati in Napoli l’anno 1635». (vd. Historia delle cose di Napoli, sotto l'imperio di Carlo Quinto. Cominciando dall'anno 1526. per insino all'anno 1537. Scritta per modo di giornali da Gregorio Rosso autor di quei medesimi tempi, Napoli presso Gio. Domenico Montanaro, 1635)

Frontespizio dell'opera Giuliano Passero, cittadino napoletano,
edizione del 1635


Si danno notizie sui vescovi presenti nel Regno («in questo Riame sono episcopi 133 nelli quali ci sono dieciotto Archiepiscopi et di più quattro Archiepiscopi hanno perso lo titolo»). Segue poi, un cenno a «Li matrimonij fatti per li re di questo Riame nelli tempi passati, et le dote hanno date sopra li maritagi».

Nel verso del foglio 8 (e fino al verso del 9) c’è il «Notamento avuto da una charta de Innocentio Landulfo con le sottoscritte memorie» (notizie relative agli anni 1434-1553). Innocenzo Landolfo è altro cronista di storia napoletana, autore dei Diarii (tra le fonti utilizzate da Gregorio Rosso).
Al foglio 10 comincia la Farza de Messer Iacovo Sannazaro rappresentata avanti il Sig. Duca di Calabria in la festa fatta alli 4 di Marzo 1492 in la Sala dello  Castiello de Capuana per la vittoria delli SSri Re et Regina de Castiglia havuta del regno di Granata alli 2 di Gennaro del medesimo anno (fino al recto del foglio 13).
A metà del recto del foglio 13, dopo un’interruzione di pagina, viene data notizia della morte per impiccagione di Cola Giovanni Monte e di suo nipote Giulio (1531); viene trascritto il «cartiello» con cui furono accompagnati.
Al verso del foglio 13 viene data la Notizia sull’incoronazione di Re Alfonso II d'Aragona. «Alla coronazione di re Alfonso d’Aragona venne qua in Napoli per la via de Appruzzo don Goffredo de Borgia, figlio de Papa Alessandro sesto». Segue notizia in ordine alle «Cavallerizze di Re Ferrante Primo d'Aragona»; ai «Medici (e Auditori) di Re Ferrante Primo a tempo  che morse».
Al verso del foglio 14 (con fine al recto del 16) si trascrive il «Notamento di tutto quello si contiene in uno Protocollo di Notar Dionisio di Sarno, Gentil' huomo del seggio di Montagna, fatto in tempo  di Re Ladislao et Papa Martino V».

Notizia della Cronica di Ruggiero Pappainsogna in Giovanni Antonio Summonte,
Dell' Historia della città, e regno di Napoli, 1675

Al verso del 16 comincia la cronaca del notaio Ruggiero Pappainsogna  Archivio di Notar Ruggiero Pappainsogna, nobile del seggio di Montagna»), con la formula «In Nomine Domini (…)» e poi, venendo al contenuto, «In pace atque Triumpho intravit Rex Ladislaus Neapolim», proseguendo fino alla fine del manoscritto, al verso del foglio 19.
Opera eterogenea, si diceva, che trae dalla cronachistica del Regno di Sicilia e, poi, di Napoli. Un originale? Qui è l’aspetto particolare del nostro manoscritto, che risulta, per larga parte, avere eguale contenuto di altro codice, appartenuto al marchese Alessandro GregorioCapponi (1683-1746), e poi confluito – a morte del suo proprietario – nella Biblioteca Vaticana.  C’è una descrizione del corpus dei cd. Codici Capponiani pubblicata nel 1897 da Giuseppe Salvo Cozzo (“I Codici Capponiani della Biblioteca Vaticana”); sotto il n. 73 si descrive un manoscritto «del sec. XVIII, m. 0,204 X 0,135, di car. 97 num., oltre  due carte bianche in principio e due in fine non num.» che ha – salvo per i Diari di Silvestro Guarino d'Aversa e gli Annali di Matteo Spinello da Giovenazzo, che riempiono le pagine successive al foglio 38 – medesimo contenuto del nostro manoscritto.


Descrizione del manoscritto 73 (inizio)
nel volume «I Codici Capponiani della Biblioteca Vaticana»


C’è un originale e una copia? Due copie di un medesimo originale? Affascinante, in ogni caso, che nell’Archivio di famiglia dei d’Apollonio si rinvenga un manoscritto che ha un gemello dizigote nella Biblioteca Vaticana.