Lunedì 13, dopo la proiezione del documentario di Cinzia Th. Torrini e Ralph Palka (è su YouTube, qui), c'è stata l'occasione per parlare (ancora) di Pietro del Morrone, Celestino V, San Pietro Celestino.
Si è partiti dal luogo di nascita. Poteva essere diversamente? Dobbiamo arrenderci.
Se non ne facciamo una questione di campanile, con buona pace delle pro loco, possiamo accordarci su una nascita in terra molisana (come del resto da ultimo fanno Wikipedia e il Vaticano). Per la vicenda umana e spirituale di Pietro, sapere che sia nato a Isernia o Sant'Angelo Limosano è assolutamente ininfluente, soprattutto considerando che quanto di rilevante abbia fatto per la storia del cristianesimo medievale, da eremita prima e da papa poi, lo ha compiuto lontano dal Molise, da Isernia e Sant'Angelo. Al massimo, qui ha vissuto i suoi primi anni (su una vita che di anni ne ha conquistati 86 o 87).
Se ultimamente hanno rivendicato il titolo di patria anche paesi diversi; se hanno preso piede inedite ricostruzioni, è perché le fonti ci dicono troppo, non troppo poco: c'è una ridondanza di dati - Aeserniae in Samnitibus natus; Terra Laboris; in Apulia; nato in un castello S. Angelo Comitatus Molisii prope Limosanum... - che autorizza le tesi più ardite: c'è chi dice di Morrone perché nato a Morrone (CB); chi de Marone, come cognome ancora attestato a Limosano; chi arriva a Marruvium in terra abruzzese. Tutti possono rivendicare il loro pezzetto di Pietro.
Rimetto ad altri che più autorevolmente hanno stilato cataloghi di prove a carico (o a discarico) circa l'origine di Pietro (Ettore De Angelis o Antonio Maria Mattei, per es.). Antonio Grano nel suo libro sui Castelli di Pietro ne fa una comoda tabella, in ordine cronologico: autore - luogo di nascita. Si parla di isernisti come fosse un partito.
Dal mio punto di vista - quello di chi è interessato alla storia del territorio in cui vive - è più importante trovare le tracce di quella devozione popolare che ha fatto di Pietro un cittadino di Isernia, anche a rischio della falsificazione. Come si direbbe a Napoli, «'e figli so' 'e chi s' 'e cresce» e, a prescindere da dove sia effettivamente nato, Pietro se lo è cresciuto Isernia: la tradizione gli ha trovato genitori, fratelli e nipoti (magari posticci) tutti in città; gli ha dato una casa (vicino alla Chiesa della Concezione, prope Portam Maiorem, che è rimasta in piedi fino al bombardamento del 10 settembre 1943). Quando Ciarlanti scrive nel 1644 le sue Memorie historiche e afferma che Pietro è nato a Isernia, lo fa perché la tradizione così vuole: lo crede vero. Quando il mastrogiurato e gli eletti chiedono a Napoli l'autorizzazione della Corona a cedere una porzione di terreno all'interno della cinta muraria cittadina per l'edificazione del convento di San Pietro Celestino (1623) scrivono che Celestino Quinto è loro concittadino (e, immagino, lo dicano in assoluta buona fede: lo dicono perché consolidata tradizione, vox populi, lo dà per tale). Se anche la bolla del vescovo Roberto - quella di approvazione dei capitula della Fraterna, che conosciamo solo come antigrafo successivo - sia stata interpolata con l'inserimento di un "concittadino" (ma perché poi?), questa asserita falsificazione è stata dettata da una subdola volontà di affermare la nascita a Isernia in contrasto con altre pretese di natali, oppure - cosa che io credo - è stato esercizio innocente del copista che, incontrando Pietro nel documento, ha voluto orgogliosamente specificare che fosse suo concittadino?
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| (c) Pino Manocchio |


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