mercoledì 14 marzo 2012

martedì 6 marzo 2012

Lorenzo Giustiniani. La voce «Isernia» del Dizionario Geografico-Ragionato del Regno di Napoli (1805)

«ISERNIA. Città Regia, e vescovile in Contado di Molise,suffraganea di Capua, non molto lungi dal Volturno tra Bojano, e Venafro. Ella è tra i gradi 41, 40 di latitudine, e 38, 30 di longitudine, o 39 di long. e 41, 15 di latitudine. Da Campobasso trovasi distante miglia 24, e da Napoli 54. Nell’antichità si appartenne al Sannio, e fu una delle sette città principali, ch’ebbero i Sanniti. I Greci la scrivono Esernina, e Aisernia. Nelle iscrizioni latine anche è scritta col dittongo AESERN., [1] e così presso tutti gli autori latini. [2] I suoi abitatori furon detti da Livio [3] Aesernini e da Plinio[4] scritti Esernini, forse con errore, giacché nelle monete pur leggesi coll’AE. Quindi a ragione gli eruditi stimano un errore scriverla Isernia , e non già Esernia; ma non ho voluto allontanarmi dall’uso comune del Regno, come ella viene pronunciata e scritta da tutti.
L’origine di questa città si è del tutto smarrita nella lunghezza de’ secoli; ond’è cosa certamente assai ridicola assegnare l’epoca di un secolo in circa dopo il diluvio, e 2240 anni prima della nostra Era. Basterà il dire di ritrovarsene memoria presso gli antichi scrittori, in modo da farci concepire essere stata città ragguardevole ne’ vecchi tempi. Si ha notizia, che gli Esernini furono sempre in somma amicizia co’ Romani, il che diede occasione, che la loro padria fosse stata distrutta dagli Sanniti istessi. Scrive Velleio Patercolo, che nel principio della prima guerra Punica vi fu dedotta una colonia:
et initio primo belli Punici Firmum et Castrum Colonis occupata; et post annum Aesernia; e posteriormente ve ne furono dedotte ancor delle altre. Leggiamopresso l’epitomatore di Livio: [5] Aesernia et Alba coloniae ab Italicis obsessae sunt. In Frontino [6] si ha poi: Aesernia colonia deducta lege Iulia ….. Ager ejus limitibus Augusteis est adsignatus. Sotto Nerone ve ne fu altra: Aesernia oppidum muro ductum iussu Neronis deductum. [7]
Dall’esservisi ritrovate delle monete di argento, da una parte colla nave, colla leggenda da sopra LEP. ANT. AVG. E al di sotto: III. VIR. R.P.C., e dall’altra parte poi tre lance, e a’ due lati due mezze lune falcate, e sopra di esse tre cerchi l’un sopra l’altro, in mezzo un’aquila avendo tre saette, e sotto LEGIO V, credesi a tutta ragione esservi stata stabilita la legione V. Avvisa Strabone [8] che delle due città de’ Sanniti, Isernia, ed Allife, la prima era stata già rovinata nella guerra Punica. Sappiamo da Appiano Alessandrino, [9] che nella guerra Sociale, o Italica, gli Esernini furono considerati come cittadini Romani. Il suo cittadino Gio: Vincenzo Ciarlanti [10] la vuole otto volte distrutta, cinque cioè da guerre, e tre da terremoti. Nell’847 fu spiantata dal terremoto. Scrive il Frezza [11]: Isernia
una ex septem urbibus a fundamentis fere tota coruerit. Il Sigonio [12] anche lo avvisa: Aesernia pene tota procubit; e Gontoulas finalmente: [13] Aesernia tota Samnitum scilicet oppidum procubuerit; e Scipione Ammirati [14] ancora. Nel dì 9 settembre del 1349 si rovinò altra volta per cagione di terremoto. Il suddivisato Gio: Vincenzo Ciarlanti [15] trascrive a tal proposito una memoria dell’archivio di quella cattedrale. Nel 1456 a 5 dicembre verso le ore 11, e poi a’ 30 dello stesso mese ad ore 16, accaddero due altri terremoti, che tralle molte città e terre, le quali rimasero del tutto abbattute, vi fu anche quella della nostra Isernia. Queste orribili scosse di terra furon dapprima descritte da S. Antonino, da me altre volte citato nel corso della mia opera, ed indi dal Summonte [16], dal Gazzella [17], da Tommaso Costo [18] e prima dal Colennucci ancora [19].
Gl’Isernini diedero soccorso a’ Romani nella guerra con Annibale, e quindi vennero molto lodati, e ringraziati dal Senato, nel 540. Negli anni 582 il Console Emilio Paolo portò seco il soccorso di cavalieri Isernini nella spedizione contro la Macedonia [20].
Nella citata guerra Italia, presso Isernia Vezio Catone Italo disfece l’esercito di Sesto Cesare console, il quale si salvò colla fuga. In Isernia furono rinchiusi Lucio Scipione, Lucio Acilio, e Marco Marcello Isernino, e la città assediata da Vezio [21].
Tornò di nuovo Sesto Cesare con molta forza, e dato un animoso assalto, e fatta una grande uccisione degl’Italici fu proclamato da’ soldati romani Imperadore. Vi esiste questa bella iscrizione a destra del portone vescovile in pessimo stato.

GENI DEIVI IVLI
PARENTIS PATRIAE
QVEM SENATVS
POPULUSQVE
ROMANVS IN
DEORVM NVM.
RETTVLIT.

Non liberò la città dall’assedio, la quale dopo più mesi di resistenza capitolò con Vezio Catone essendo solo riuscito a Lucio Scipione, e a Lucio Accidio fuggir travestiti, e ritenuto Marco Marcello per ostaggio. Venuta Isernia in potere degl’Italici fu molto fortificata, e l’elessero per città comune di tutta la lega, e per sede della lor guerra sotto il comando di Pompeo
Silone [22]. Non piacendo intanto a’ Romani che in Isernia tenessero gl’Italici la loro sede, con forte esercito vi tornarono, e gliela tolsero con averla poi fortificata, lasciandovi un numeroso presidio. Fu di nuovo assediata dagl’Italici, e dopo di essersi lunga pezza sostenuta, il Senato vi mandò Silla con XXIV coorti di soldati a liberarla.
Oltre delle rovine recatele dalle guerre dell’alta antichità, pur ne’ mezzi tempi fu altre volte quasi distrutta da’ nemici. Sappiamo da Paolo Diacono [23] che nel 642, o 667, questa città insieme con Bojano per essere divenute del tutto deserte furon date ad abitare ad Alzecone duca de’ Bulgari da Romualdo duca di Benevento in Castaldato. Sappiamo ancora, che Landenulfo uno de’ suoi conti la riedificò per essere stata devastata nell’880 da’ Saraceni sotto il comando di Saugdan [24] insieme con Telese, Alife, Sepino, Bojano, e Venafro. Altri dicono nell’847.
Si ha dall’anonimo Cassinese che fosse stata riedificata nell’XI secolo, e nel 1199 si dice saccheggiata da Marcovaldo conte di Molise. Nell’anno 1222, e non già 1223, furono diroccate le sue mura, e quasi per metà anche incendiata. Così avvisa Riccardo di Sangermano [25]: Serniae moenia diruuntur, cujus civitatis fere medietas igne comburitur. Nell’anno poi 1229 Venafro ed Isernia si diedero all’Imperatore Federico II: Venafrum et Isernia per nuncios se sibi reddunt, scrive lo stesso sincrono autore. [26]
Non ostante ch’ella avesse sofferti tanti devastamenti, pur tuttavolta non mutò mai l’antico suo sito. Appena però rimangono alcuni vestigi delle sue grandezze. Evvi un acquedotto della lunghezza di circa un miglio, di larghezza palmi 4, e di altezza 8, con nove spiragli, il più profondo palmi 96, e il più basso palmi 54, tagliato nel vivo sasso, veramente di una meravigliosa struttura; ignorasi però dagli eruditi il tempo e l’autore di questo lavoro, perché niun monumento vi han ritrovato, che lo indicasse.
Vi si sono ritrovate molte iscrizioni, le quali non riporterò perché altri già prima ne
fece elenco al numero di XXXI, [27] e ch’erano state ancor riportate dal Grutero, dal
Capaccio, dal Ciarlanti, [28] e dal Muratori.
Sono celebri i suoi Conti ne’ tempi di mezzo. Si dice che da un diploma di Papa Giovanni IV del 639 [29] fu confermato a Landinolfo figlio di Landolfo de Greca, e di Gemma Conti d’Isernia il jus in plebem S. Marie di detta città. Di sopra fu accennato che nel 667 fu data ad Alzecone duca de’Bulgari. Landenulfo fu pure Conte della stessa città, che la riedificò, come già fu detto. Si trovano poi altri suoi Conti, come Landulfo figlio di Landenulfo. Un altro Landolfo detto Greco [30] figlio del Conte Landenulfo, che viveva nel 981, [31] e similmente Landolfo, Laidolfo, e Laodenolfo. Il Re Carlo II d’Angiò diede questa città in feudo a Raimondo Berengario nato suo
insieme con Eboli, Atri, Viesti, Montesantangelo, Procina, Alessina, Vairano col pantano prope Alessinam, Albanella, Rocca de Aspro, Lanrino, Corneto, ed Aquaria. [32]
Ad Ottone di Tucziaco gli furono donati Castra Muri, Casali Aspri, et Albani in Basilicata; terram Ebuli, Isernie. [33] Leggo che il conte di Ebuli Regis filius tenea ex domo patris: Isernia per ann. unc. 200. Nuceriam per ann. unc. 150. Marum et Albanum per ann. unc. 180: Ripam Candidam per ann. unc. 50. S. Felicem per ann. unc. 120. Surrentum per ann. unc. 100. et Castrum Maris de Stabia per ann. unc. 400. [34] Fu poi data alla moglie di Carlo Illustre da Roberto nel 1316 Dominus Federicus Rex Alemaniae affinis noster carissimus pro maritaggio spettabilis mulieris nostri Caroli Ducis Calabriae promisit in dote et pro dote sue sororis ejusdem marcarum argenti quadraginta millia, marca qualibet aureis quatuor computata Joanni de Aquablanca I. c. p. et Pontio de Cabanile nunciis procuratoribus et Consiliariis dicti
Ducis, pro cujus dotis restitutione obligatae fuerunt jure pignoris Surrentum, Castrum Maris de Stabia, Castrum Nucerie Christianorum,Ebulum, et Iserniam.[35]
Per la di lei morte nel 1366 divenne altra volta di Regio demanio. Da Giovanna I nel 1371 fu conceduta a Carlo di Durazzo prima di maritarsi con Margherita sua nipote. Fu conceduta ancora a Giacomo de Marzano sotto Ladislao. [36] Nel 1428 essendo questa città anche di Regio demanio la Regina Giovanna II concedè a quella università la gabella della bagliva col peso soltanto di pagare ogni anno a Clemente ed Agostino Spagnolo suoi nappieri, e loro eredi e successori, once XI, mancando detti eredi corrispondersi alla Regia Corte, colla podestà di poter fare la fiera franca ogni settimana, il che fu poi confermato da Alfonso nel 1443. [37]
Nel 1475 essendosi conchiuso il matrimonio tra Ferrante I e Giovanna Infanta d’Aragona colla dote di 100.000 fiorini, il Re le donò per la sua camera varie città. E tra queste quella d’Isernia.
Nel 1519 fu data in iscambio a Guglielmo Croy per la baronia di Rocca-Guglielma, con patto però, che se la vendesse più di ducati 15.000, l’avanzo si fosse dato alla Regia Corte, ma l’università si oppose a tale concessione stante il privilegio lor conceduto di Regio demanio, [38] e quindi al detto Croy fu data Macchia, [39] che in alcuni notamenti è detta Massa. Questa città ottenne da tempo in tempo da’ nostri Sovrani diversi privilegi, ed esenzioni [40] che da’ Quinternioni potrà ognun rilevare. Ella possedé il castello delle Pesche, l’altro appellato Riporta, e quello di Santangelo in Grotte. Possedé la sua università altre tenute feudali. Nel 1568 trovasi tassata nel cedolare per lo feudo di Riporsi 4-12-10 Pro feudo Saxae 6-3. Nel 1606 a 8 giugno fu spedita significatoria all’università d’Isernia per lo rilevio dovuto nel 1605, che si pagava ogni 15 anni per
lo feudo di Sassa da essa università. [41] Nel 1632 vendé col patto di ricomprare al Dottor Giuseppe Zampirri il feudo di Rocca Veraldo per ducati 3.500 da pagarsi alla Regia Corte per causa delli ducati 6.000, che doveva pagare, onde conservarsi il Regio demanio, [42] e per la stessa causa vendé ancora il feudo detto li Porri a Girolamo Recchia per ducati 2.500. [43]
La cattedra vescovile in Isernia si vuole antichissima, [44] ed in oggi la sua diocesi comprende i seguenti paesi: Carpinone, Castelpizzuto, Castelromano, Castelsanvincenzo, Fossaceca, Forli, Gallo, Longano, Monteroduni, Macchia, Miranda, Roccasicura, Santagapito e Sessano. Il vescovo possiede il feudo Romana. La situazione d’Isernia è su di una collina tra il Matese da oriente, e il monte Azzo, o Arso da occidente, avendo ne’ suoi lati due fiumi, uno che nasce sopra Sessano, e l’altro verso Miranda, parte di cui s’imbocca nell’accennato acquidotto. Un tempo formava un lago nella sua foce, in oggi reso a coltura. Le acque di questo fiume animano una cartiera, sei valchiere, e molti molini, e servono ancora all’inaffiamento de’ territorj.
I prodotti consistono in frumento, olio, vino, ortaggi da provvedere i paesi circonvicini, ed ogni sorta di frutta. Nel fiume che appellano Cavaliere, vi si pescano delle trote, anguille, squami, barbi ec. Non vi manca la caccia di lepri, volpi, lupi, e di specie di più pennuti, secondo le stagioni.
Gl’Isernini ascendono al presente a circa 7.000. La tassa de’ fuochi del 1532 fu di 563, del 1545 di 226, del 1561 di 610, del 1595 di 800, del 1648 di …, e del 1669 di 440. Oltre dell’agricoltura, esercitano benanche la pastorizia. Vi si lavorano, pannilani, ma rozzi, vi si fanno tele di lino, e di canape senza alcuna particolarità. Vi sono le concerie di pelli. Le carte pergamene, che si lavorano in questa città sono le migliori del Regno, e un tempo più che in oggi erano davvero di una grande
perfezione, siccome appare da’ codici prima e dopo l’invenzione della stampa. Vi sono le fabbriche ancora di vasi di creta per cucina, e di mattoni, e tegole per edificj. Vi si lavora il rame, e la ramiera è della mensa.
Quegli abitanti sono bastantemente commercianti. E’ celebre il loro mercato, che faceasi in ogni mercoledì, e giovedì, e di vettovaglie, animali, e specialmente dimajali dal mese di novembre in avanti. Vi si celebrano cinque fiere, cioè 19 maggio, 29 giugno, 13 agosto, 21 settembre, e 27 settembre. Tralle industrie vi è quella ancora delle api, il cui prodotto di mele, e di cera, vendesi in diverse città del Regno, e specialmente in Aversa, Capua, Napoli ecc.
Verso Miranda alla distanza di miglia 2 e ¼ vi sorge un’acqua minerale, tralle molte, ch’è sulfurea, della quale fan molto uso que’ naturali per liberarsi da talune loro indisposizioni. Mi fu detto essersi ritrovata la seguente iscrizione: [45]

Q. FVSIVS Q. P. BAL.
C. ANTRACIVS C. F. IIII.VIR.Q.
D. S.S. BALNEVM REF. CVR.
C. ANTRACIVS. C. F. PROBAVIT.

Molti illustri uomini ha dato al mondo questa città in tutt’i tempi, in armi, e in lettere, de’ quali però non è mia intenzione di qui partitamente parlare. Mi restringerò soltanto a’ seguenti: Andrea d’Isernia, Onorato Fascitelli, e Gio: Vincenzo Ciarlanti. Il primo fu certamente uno de’ più distinti giureconsulti, che vantasse il mondo per quei tempi. Il Sig. Galanti nella sua Descrizione del Contado di Molise stampata nel 1781 dice, [46] che vanno errati coloro, che credono avere avuto il cognome Rampino, che fu una famiglia diversa; ma non seppe additarci affatto veruno monumento. Dice dippiù ch’era nato nel 1240, il che non è vero affatto, per le ragioni da me addotte nel lungo articolo, che ne distesi nelle Memorie degli Scrittori Legali, alle quali rimando
il leggitore, [47] ma verso il 1220; e morì poi il 5 luglio del 1316. Il secondo vi nacque nel 1502, e dopo di avere avuto a maestro Pomponio Gaurico, entrò nell’ordine de’ Benedettini, fu poi creato Vescovo dell’Isola, ed intervenne nel Concilio di Trento. Finalmente avendo rinunciata la sua Chiesa morì in Roma nel 1564. Le sue poesie, per attestato di tutt’i dotti sono d’annoverarsi tralle migliori di quelle del suo tempo. Si ha molta obbligazione al Sig. Meola dell’edizione, che fece delle cose di questo illustre Cassinese edite ed inedite coll’esatta vita premessa alla
medesima, nel 1776, in 8. Gian-Vincenzo Ciarlanti pur natio di questa città scrisse: Memorie istoriche del Sannio stampate nel 1644 in fogl., le quali somministrano moltissimi buoni lumi per
la storia dell’età di mezzo, ed è degno di commendazione, dico coll’erudito Francescantonio Sorìa quando non vi ha altri, che abbia scritto del Sannio meglio di lui. Il Rogadei, [48] e il Sig. Galanti [49] lo notano di abbaglio, e di poca critica, annoverandolo tragli scrittori mediocri. Io mi contenterei però che i rimanenti storici del Regno di Napoli fossero mediocri come il Ciarlanti.»


1 Vedi Grutero pag. 570. n. 10.
2 In Silio Italico lib. 8. v. 567. pur si legge:
Et quos aut Rufrae, aut quos Aesernia quoque
Obscura incultis Herdonia misit ab agris.
3 Livio lib. 27. cap. 16. lib. 10. cap. 31. Ager Aeserninus.
4 Plinio lib. 3. cap.12.
5 Epitom. Livii lib. 16. et lib. 72.
6 Frontino de Coloniis.
7 Vedi lo stesso Frontino, e Panvinio.
8 Strabone lib. V.
10 Memorie storiche del Sannio lib. I. cap 14..
11 De subfeud. Lib. I. Pag. 74.
12 De Regn. Italic.
13 Histor.d.. ann. prof. dec. 5. saecul. 9.
14 Istoria de’ duchi dii Benevento d. ann..
15 Lib. 4. cap. 28. della citata sua opera..
16 Part. 3. lib. 5. p. 211.
17 Nella Vita del Re Alfonso d’Aragona.
18 Apolog. istoric. lib. 3.
19 Compend. istoric. lib. 6..
20 Livio dec. 4. lib. 4. Equitum normam Placentinam, ot Aeserninum.
21 Vedi Saltellio Eneid. 4. lib. 3.9 De bello civili lib. I
22 Diodoro Siculo lib. 3. Livio lib. 72. cap. 73.
23 Lib. 5. cap.11. o 29. Chrn. Volturn. p. 405.
24 Historic. XC. Monach. occisor. in Monaster. S. Vincentii ad Volturnum. E’ presso l’Ughelli nell’Italia Sacra.
25 Nel suo Chronic. d . an.. pag. 205. tom. IV. Della Raccolta del Pelliccia stampata dal Perger.
26 Cit. Chronic. d.. an.. pag. 226. dell’additato tom. IV.
27 Vedi Galanti, Descriz. del Contad.o dii Molise, t. I. pag. 61. seg.
28 Ciarlanti, Memor. del Sannio, cit. lib. I. cap. 14. pag.33.
29 Questo diploma scritto in corteccia d’albore si conserva nell’ Archiv. Vaticano.
30 Trojano Spinelli nel suo Saggio pag. 42. not. (10) cita: in lapide turris Campanariae Eccles. S. Mariae monialium
Iserniae. Quel Landolfo sarà quello stesso, che molto valea nel Greco. Vedi Muratori, Nov. Thesau. Inscript. T. IV pag.
[n. n.] MDCCCXCVII.
31 Chronic. Volturn. pag. 470.
32 Regest. 1303. lit. D. fol. 71.a t. et fol. 76 a t.
33 Regest. 1308. et 9. C: fol . 22.
34 Regest. 1309. lit. A. fol. 15. a . t.
35 Regest. 1316. B fol. 321. a t..
36 Regest. 1390. A. f. 9.
37 Quint. 00. fol. 4.
38 Quint. 47. fol. 210. Quint. 42. fol. 212.
39 Quint. 19. fol. 173..
40 Quint. 16. fol. 705.
41 In Sig. Relev. 39. fol. 7.
42 Quint. 86. fol. 1.
43 Quint. 86. fol. 3.
44 Vedi Ughelli nell’ Ital. Sacr. tom. VI.
45 E’ portata anche dal Muratori, Nov. Thes. Inscript. p. 476. n. 6. con qualche diversità.
46 Tom. 1. pag. 60. in. not.
47 Tom. 2. pag. 161 a 168.
48 Dritto pubbl. Nap. Pag. 101.
49 Cit. t. 1 della Descriz. del Contado di Molise peg. 60. E nel Supplem. agli Elem.della Stor. Antic. e moder. di
Millot e Condillac t. 4 pag. 201.