Nella fortezza di Fenestrelle, Torino, Piemonte, vennero ospitati gli irriducibili soldati duosiciliani, i cocciuti del mancato giuramento al nuovo. Chissà perché, più che borghesi d'accademia militare me li figuro come contadini magri e ossuti, strappati alle zolle e al padrone; chissà perché più che dettato da consapevole adesione alla causa dei Borboni, il loro rifiuto ai Savoia me lo immagino dovuto all'incomprensione per una proposta veicolata in francese, o altro straniero idioma. Da quello che leggo in rete, sarebbero almeno ventimila quelli che nel decennio 1860/69 avrebbero goduto della fredda ospitalità piemontese. Non si hanno notizie certe; non si conoscono numeri e nomi per quanti finirono, da cadaveri, nella calce viva. Dissolti. Dimenticati.
In questo articolo, però, c'è qualcuno tratto all'oblio da un decesso passato per l'infermeria, dove un pignolo cappellano registrò date, nomi, provenienze. Anime da assicurare all'Altissimo. Guardo ai primi nomi, morti nel novembre 1860: Leonardo Valente, di anni 23, di Carpinosa (non esiste comune italiano con questo nome; che sia invece Carpinone, dove Valente è un cognome diffuso quanto Ferrero a Torino?); Francesco Conte, anni 24, di Isernia. Per loro, dopo l'oblio, sia assicurata memoria digitale su un sito che registra cinque contatti al giorno.
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