martedì 27 novembre 2012

L'impero familiare delle tenebre future


Masserie di Cristo, per quanto toponomastica prossima alla bestemmia contadina, fascinosa quanto Casadiavolo, non è paese di fantasia come leggo quasi dovunque nelle recensioni online, ma esiste davvero a latitudine 41°49'34" N - longitudine 14°11'5'' E; certo, nel romanzo di Andrea Gentile è un espediente, un fondale, un qualunque posto al di qua della Gustav. Masserie di Cristo sta per un Sud di voli di mosche su interiora di animale, di sterpi e cespugli che attendono incendi di stagionali, di pietre roventi sotto il sole. Un Sud immoto, oppure lento come la camminata di Pellicone, guardiano silente che pare personaggio di Omero («quel suo essere è costituito di tempo»).  Un Sud dove neanche la telefonia è mobile e l’utente desiderato non è mai raggiungibile; dove l’unica tecnologia serve per irraggiare la Vita in diretta del papa morente, un prefunerale di stato trasmesso in tutte le case.
C’è questo io narrante stranamente al femminile – dico stranamente perché la scrittura, invece, è molto maschile –  in preda a una rovinosa paranoia sul destino della madre infermiera, sicuramente morta. La narrazione segue questa ricerca trafelata e inconcludente del corpo materno, prefigurato in un incastro di lamiere, in un letto d’ospedale, dietro il marmo della cappella di famiglia. La recherche spinge fuori dalla casa, dentro altre case, lungo i sentieri, tra Masserie di Cristo e una trasfigurata San Pietro Avellana – che qui scopro non avere nulla a che fare con le nocciole, quanto piuttosto con la sannitica Volana di Spurio Carvilio, già eponimo della vicina Carovilli. Paesaggi onirici, come se De Chirico avesse dipinto campagne. Ci muoviamo osservando le leggi che regolano il sogno,  condensazione, simbolizzazione: incontriamo la grande pecora Okapia, il Bar Pubblico deserto, il cimitero che cancella le foto dei morti, solarizzate in un bianco totale, fantasmi, anime bianchissime.
Non una lettura facile, sia chiaro: benché spezzata in frasi di soggetto, predicato e complemento (non necessariamente in questo ordine) la scrittura è tutt’altro che semplice. Il registro è quello del monologo teatrale, del poema in versi liberi. Pagine che vanno lette a voce alta.  




 


lunedì 19 novembre 2012

«Chi l'ha visto?» La testa di Vico della Rocca


Non ci avevo mai fatto caso, e magari neanche voi. C'è un bassorilievo romano tra le pietre di Vico della Rocca (il moncone di vicolo che sale a gradoni, a lato di Piazza Celestino V, tanto per capirci): una enigmatica testa, parzialmente offesa dal cemento. La foto è a contrasto elevato: l'originale è appena avvertibile, specie nelle giornate di sole pieno. Sarebbe cosa gradita che chi ha informazioni sul nostro amico di pietra, le postasse qui giù.

[Aggiornamento 20/11: mi hanno fatto giustamente notare che il bassorilievo potrebbe non essere bassorilievo; e che la testa romana potrebbe non essere romana. L'enigma, però, rimane. Un caffé a chi aiuta a risolverlo.]