giovedì 9 marzo 2017

The big earthquake of 1805 according to Maceroni

Colonel Maceroni

Torniamo a parlare del grande terremoto del 1805 attraverso la testimonianza – credo, ad oggi, inedita – del colonnello di cavalleria Francis Maceroni (Manchester, 1788 -  Londra 1846), aiutante di campo di Gioacchino Murat durante le guerre napoleoniche e uomo di corte quando il francese divenne re di Napoli. Maceroni (in altre versioni, traslitterato in Macirone) è personaggio misconosciuto in Italia (tanto per dire: manca una pagina wikipedia a suo nome nella lingua di Dante); è stato soldato, diplomatico, esperto mongolfierista e inventore di una locomotiva che porta il suo nome (“Maceroni Steam Carriage”), nonché autore delle autocelebrative  «Memoirs of the life and adventures of colonel Maceroni», edite in due volumi dal quasi omonimo John Macrone in Londra, nel 1838.

Maceroni Steam Carriage


Maceroni – di pessima memoria? – anticipa al 16 luglio 1804 (anziché, sappiamo, il 25 luglio 1805) il grande sisma molisano: si trovava allora ospite di un tale Bottalin che aveva una villa a Mergellina, diving and rowing and fishing  lungo i grandi scogli lavici di capo Posillipo, quando avvertì onde anomale tra le onde e grida lontane: Terremoto! Terremoto!. Descrive poi quadri molto napoletani di gente come un fiume che esce da ogni casa e trasporta materassi e cuscini sulla spiaggia in accampamenti di fortuna o segue frati in processioni improvvisate, with tinkling bells and crying of lamentations.

Non un testimone oculare, quindi, dei rovinosi effetti che il sisma ebbe in terra di Molise: Macironi è nella capitale e non nella provincia colpita; riporta notizie riferite da altri, dai gazzettieri, mercanti e uomini di corte, ma le riporta. 
Colloca l’epicentro in Frosolone; disegna un cratere di 61 borghi tra Isernia e Jelsi, abitato da circa cinquantamila persone. Di tutti questi paesi – ci dice – solo due, San Giovanni in Galdo e Castropignano, sebbene situati ai piedi del Matese, sono rimasti privi di danni considerevoli. Intorno a seimila i morti, numeri che ripropongono il grande terremoto calabro del 1783.

Memoirs of the life and adventures of colonel Maceroni, p. 142


Particolare la manifestazione degli effetti del sisma a Isernia (pag. 142): «Questa città è estesa poco più di un miglio in lunghezza, ma come accade per Brentford o altre città inglesi , la sua ampiezza si risolve in due file di case, sui due lati del corso. Ebbene, la fila di case a est della strada è interamente crollata, quelle a ovest, invece, sono rimaste in piedi.»
Qui Maceroni pare reinterpretare in senso est-ovest la reale distribuzione dei crolli che – a giudicare dalla nota mappa di Luigi Marchese – è piuttosto da orientare in senso nord-sud, con la parte alta dell’abitato storico completamente distrutta e la parte a sud della Cattedrale a subire pochi danni dal sisma. Continua, attingendo probabilmente a Giuseppe Saverio Paoli e alla sua Memoria sul tremuoto de' 26 luglio del corrente anno 1805, edita a Napoli nel 1806: «La terra si ruppe in ogni direzione, creando qua e là vaste lacerazioni e forre. Dalle fenditure del terreno si levavano lingue di fuoco e scariche elettriche; e oltre la sommità del Monte Frosolone, una luce come fosse una rifulgente meteora fu visibile per lungo tempo. Nella mattina del giorno fatale, gli abitanti ebbero tutti a sentire una sensazione di straordinaria spossatezza, e si diffuse un fetore come di zolfo, disgustoso e malsano. Alle quattro del pomeriggio il cielo si coprì, e le nuvole si diffusero in tutte le direzioni con la velocità tipica degli uragani, sebbene nessun soffio d’ara fosse percepibile a terra. Ma al tramonto iniziò a soffiare da nord un vento furioso, che subito cessò, come se fosse stato fermato dalle profonde esplosioni che si sprigionavano sottoterra, precorritrici e accompagnatrici del terremoto.  La prima scossa fu leggera, così tanto che solo in pochi se la avvertirono. Altre vennero dopo poco  e per venti secondi si susseguirono le une alle altre con terribile violenza.» 


portfolio nell'edizione delle Memoirs

Un’ultima nota di colore chiude la narrazione del terremoto: «In un paese chiamato Guardia Regia (sic), vicino Bojano, una bella e giovane ragazza di diciannove anni chiamata Marianna di Franceschi è rimasta sepolta viva per dieci giorni e otto ore. All'inizio, si ebbero deboli speranze, ma le amorevoli cure dei suoi medici fecero il miracolo: si ebbe un pieno recupero, nel corpo e spirito, presto si sposò e nel 1807 la vidi a Napoli, madre felice di due bei bimbi».

(L'originale è qui, alle pagg. 141/143; mia è la - libera - traduzione dall'inglese)