martedì 12 giugno 2012

Isernia, settembre 1943. Una testimonianza arrivata via email

Pochi giorni fa ho trovato nella casella di posta elettronica della biblioteca la preziosa testimonianza che - con il permesso dell'autore, Enzo Visaggio - decido di rendere pubblica. È presto per anniversari - nel 2013 saranno settanta gli anni che separano le macerie morali dell'attualità da quelle reali del settembre 1943 - tuttavia la conservazione della memoria è esercizio che necessita di allenamento costante, non soltanto a scadenze fisse.
Per rispondere a una domanda che si trova nella lettera, le missioni di bombardamento su Isernia furono diverse e non soltanto nella giornata del 10 settembre, importante perché prima, ma non unica. Gli Alleati colpirono la città nei giorni 10, 11, 12 e 16 settembre, e da ultimo, trovandola tragicamente deserta, il 15 ottobre.Una bibliografia elementare sui fatti che ci occupano non può non partire dal volume di Giuseppe Caroselli (12° uragano su Isernia, Roma 1968), per passare alle testimonianze raccolte da Pasquale Damiani nel suo Il bombardamento di Isernia (Isernia, 1993); il catalogo della mostra  La seconda guerra mondiale e i bombardamenti del 1943 nelle carte del Tribunale di Isernia, a cura dell'Archivio di Stato
di Isernia (Isernia, 2007); il volume collettaneo edito da Iannone e curato dal prof. Cerchia, Il Molise e la guerra totale (Isernia, 2012).




«Sono un vecchio napoletano di 85 anni ed abito da più di quindici  a Tolentino ma nella mia vita di lavoro (dal 43 al 96) ho toccato differenti parti d'Italia. Avendo  mio padre avuto due sorelle a Campobasso, l'una sposata Guacci e l'altra Ciaccia, trascorrevo buona parte delle vacanze scolastiche estive presso i miei zii, in felice compagnia con i cugini. Mio padre, che era rimasto vedovo dopo meno di dieci anni di matrimonio, sposò in seconde nozze nel 40 una Gigliani, allora residente a Napoli con la famiglia ma originaria di Agnone; il padre era stato orefice, ed una sorella era sposata ad Isernia, se non ricordo male, in Ruggiero.
Quando nel 42 i bombardamenti a Napoli cominciarono ad intensificarsi, la mia matrigna col figlioletto di meno di due anni sfollò ad Isernia insieme a sua madre ed alla famiglia del fratello, avvocato Armando. prendendo alloggio in due diversi appartamenti ma rimanendo in contatto. Io frattanto, con la chiusura a tempo indeterminato delle scuole di Napoli fin dal Natale di quell'anno, ero tornato a Campobasso. L'11 settembre del 43, un mio zio, Gianbattista Ciaccia, ingegnere del Genio Civile, essendo pervenuta la notizia del bombardamento di Isernia, vi si recò col l'intenzione di fare una ricognizione dei danni supponendoli quantificabili. Sapendo dei miei parenti, mi avvertì ed io andai con lui. Naturalmente, avvicinatici al piazzale anteriore della vecchia stazione ferroviaria (esiste ancora?) ci dovemmo arrestare per l'impraticabilità della strada. Ci lasciammo subito perché io cercavo qualcuno che mi desse informazioni su dove ritrovare i miei parenti, mentre lui  si dovette ben presto arrendere di fronte alla enormità delle rovine. Ritrovati, non senza difficoltà i parenti, tutti fortunatamente illesi, stavamo percorrendo la vecchia statale che scorre lungo il lato ovest della città, quando, era verso mezzogiorno, il mio orecchio già avvezzo avvertì l'avvicinarsi della formazione aerea. Lanciai l'allarme e tutti  ci appiattimmo a terra in attesa delle nuove bombe. Che arrivarono nel giro di meno di un minuto ed io riuscii a vederle ancora in cielo cadere come tante gocce d'inchiostro schizzate via da altrettante stilografiche (allora si usavano e lo schizzo spesso si verificava quando la penna smetteva di scrivere e  la si scuoteva come si è fatto fino a poco tempo fa col termometro a mercurio prima di infilarlo sotto l'ascella).




Mi permetto queste spiegazioni perché ritengo Ella sia giovane e non conosca i vecchi arnesi di un tempo.
Riepilogando: ci accampammo in basso in un pagliaio ben oltre la periferia sud (di allora) della città e, se non ricordo male, ci fu ancora, nei giorni successivi, almeno un' altra incursione.  Erano formazioni di  24, ma forse 36, quadrimotori che arrivavano da sud ovest ad una quota  intorno ai 3000 metri e, avendo come obbiettivi sia la strada che correva ad ovest, sia la ferrovia che stringeva da est a meno di un chilometro l'una dalla altra, riuscivano più che altro a colpire al centro cioè sull'abitato. Per quanto riguarda i miei parenti,  mio zio, non so come, avverti qualcuno ad Agnone che venne dopo circa una settimana con un traino equino su cui montò tutta la famiglia Gigliani con le poche masserizie recuperate riportandoli, non so dopo quante ore o giorni, al paesello natio, dove poi, nell'inverno, ebbero nuove vicissitudini.
Io, percorsi a piedi la statale per alcuni chilometri  e alla stazione di Pettoranello trovai miracolosamente un treno che dopo alcune ore partì per Campobasso, quasi vuoto e la raggiunse come Dio volle prima di sera.
Ora la mia perplessità è la seguente: su internet trovo una serie di notizie sul " bombardamento di Isernia eseguito il 10 settembre 1943" come se di azioni di quel tipo ve ne fosse stata una sola. Mentre io invece ricordo sicuramente quello del giorno successivo che peraltro fece allontanare definitivamente quei cittadini rimasti sul posto, magari con la speranza di essere lasciati in pace per poter salvare qualche familiare rimasto ancora vivo sotto le macerie.
Da quel pomeriggio le rovine di Isernia si accrebbero ma soprattutto rimasero deserte come un vecchio cimitero abbandonato anche se i morti che si si sono poi contati  sicuramente non lo erano ancora tutti. Dopo il secondo, ve ne fu almeno un'altro, se la memoria non mi inganna.



Le ho scritto questa lunga lettera, che spero non l'abbia annoiata, perché credo che debba esistere almeno un testo ben documentato che raccolga le notizie certe su quelle tragiche giornate che videro distrutta una città e più che decimata la sua popolazione senza che in quei tristi tempi se ne fosse potuto diffondere lo scandalo. (...)»

(fotografie: Isernia, 1944. Imperial War Museum, Lambeth Road, London)

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