giovedì 5 maggio 2011

«Isernia al cadere de' Borboni - Fatti di rivoluzione e reazione nell'autunno 1860»

«Nel 1799 Isernia si era difesa contro i Francesi con tanto valore, che il di lei nome, al principiar del secolo, andava celebre sulle bocche europee (...) Nel 1860 Isernia ebbe a palesare tali abominevoli vergogne, che tutte quante le sue passate glorie ne rimasero spente. Il di lei nome disonorato fe’ il giro d’Europa, e quantunque l’opera nefanda fosse compita da pochi retrivi, pure, l’essere questi fra i primarii della terra, fe’ si, che la colpa si spandesse sulla maggioranza de’ cittadini, che pur non era meritevole di biasimo.»

Così scriveva della sciagurata città d'origine del deputato Jadopi il giornalista milanese Cletto Arrighi, nel suo «I 450 deputati del presente e i deputati dell’avvenire per una società di egregi uomini politici, letterati e giornalisti» (Milano, 1864), Almanacco di Gotha del primo parlamento nazionale.
Ben prima, Luigi Farini, primo Luogotenente del Regno a insediarsi sul trono di Franceschiello, una volta sceso in Affrica tra i beduini, ebbe modo di notiziare a Cavour degli strani fatti di Isernia.

Cosa si era verificato di così strano in città, nell'autunno 1860? Incendi, devastazioni & stragi; morti in malo modo: accecati, seviziati à la bajonnette, appesi e poi evirati; teste garibaldine che scendono scale di palazzi e poi, come zucche a Halloween, vengono poste come macabri trofei sotto gli archi della Fontana Fraterna. Un intero campionario umano: codardi, coraggiosi, disperati; nonni che incrudeliscono su nipoti; vergini guerriere armate di schioppo; sottointendenti, sindaci impotenti, vescovi cazzusi. Una sarabanda, un Grand Guignol che sarebbe piaciuto a Tarantino.

Di tutto, immodestamente, ne offro un saggio (in 280.970 caratteri, spazi inclusi), liberamente scaricabile in .pdf cliccando qui.
Chi non può fare a meno della carta, lo trova, invece, qui.

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