lunedì 3 maggio 2010

Piccoli proprietari terrieri, zingari e muli. Isernia, 1940

Benno Geiger è poeta, traduttore e critico letterario del secolo scorso (o, anche, di quell'altro ancora, essendo nato nel 1882). Per una serie di coincidenze, e poiché la fortuna è cieca, il «viennese di nascita e veneziano di cuore» venne a passare, nel 1940, un periodo di villeggiatura a Isernia, in Santa Maria delle Monache, dove, allora, era attivo uno campo di internamento per confinati. Per quella strana condizione psicologica che può istaurarsi, a volte, tra vittima e (proiezioni del suo) aguzzino, codificata come Sindrome di Stoccolma, il rapporto tra Geiger e la città diviene (vedremo) d'amore/odio. Così intanto descrive l'Isernia del 1940 nel suo «Memorie di un veneziano», Firenze, 1958, pag. 237 e ss.:


«S'era alla fine del luglio del 1940 e l'incubo, nella fattispecie, prese la forma concreta di due carabinieri che un giorno, mentre facevo colazione (...) vennero a prelevarmi. Sull'ordine ministeriale che mi fu presentato stava scritto: Isernia. Da allora in poi questa parola ha avuto per me sempre qualche cosa di ossessionante; e quando, molti anni dopo, lessi «Isernia» in un quadro su di un codice dipinto dall'Arcimboldi in mano del riformatore Calvino, mi chiesi quale disgrazia quel nome avesse rappresentato anche per lui.»

«Viaggiai con due guardiani al fianco (...) sino ad Isernia, patria di papa Celestino V e di Farinacci, ricordati con lapidi entrambi. E' questa una cittadina assai antica (...) abitata da piccoli proprietari terrieri, da zingari che spidocchiano i loro rampolli tenendoseli fra le ginocchia, e da muli. Questi vivono al piano terra di ogni casa e fomentano col letame uno sciame densissimo di mosche che tappezzano tutti i muri all'esterno ed interno, i quali risultano pertanto completamente neri.»

«In questa città primitiva presi stanza obbligata nel cosiddetto «Campo di concentramento», un vecchio convento di frati domenicani soppresso, e sistemato per il nuovo uso , in via Marcelli 58, con una grande fontana d'acqua purissima, tipo Fiuggi, all'ingresso, ed una specie di chiostro a due piani intorno ad una corte interna. (...)»

«Come dovunque, anche lì era in auge la corruzione. Il Governo passava undici lire al giorno per il nutrimento d'ogni internato. Per la pastasciutta, per un piatto di carne con contorno di verze o patate, per il pane e un bicchiere di vino ce n'era d'avanzo. Ma il vivandiere, al quale le somme erano devolute, se ne tratteneva una parte a beneficenza propria; e, avendo l'appalto della mensa e non dovendo risponderne ad alcuno, dava da mangiare a noi disgraziati null'altro che coratella, frattaglie e polmone, il cibo dei gatti.»


[aggiornamento 2019]
Aggiungo, ad uso dei pignoli, una minuta biografia di Benno Geiger, tradotta dalla pagina Wikipedia tedesca:  

Benno Geiger (da web)

Benno Geiger (pseudonimo di Egon E. Nerbig, nato il 21 febbraio 1882 a Rodaun, vicino Vienna e morto il 26 luglio 1965, a Venezia ) era figlio dell'ingegnere Theodor Geiger e della pittrice Pauline Geiger (nata von Schultz). Trascorse l'infanzia con sua madre e sua zia - sorella di Pauline - Ella Adaïewsky, musicologa e pianista, a Venezia. Dal 1884 al 1889 visse con parenti in Livonia. Frequenta la scuola a Venezia. A partire dal 1901 studia storia dell'arte e letteratura tedesca presso l' Università di Lipsia e l' Università di Berlino. Dal 1910 al 1914 lavora presso il Kaiser Friedrich Museum di Berlino.

Successivamente, Geiger ritorna a Venezia, dove lavora come scrittore freelance e mercante d'arte . Viaggia a Roma, Parigi e Vienna. Si occupa di arte italiana e intrattiene corrispondenza con Rainer Maria Rilke, Hugo von Hofmannsthal, Stefan Zweig. Si trasferisce in Svizzera e poi in Francia. Nel 1935 ritorna a Venezia. In questo periodo si avvicina al partito nazista, divenendone membro. Nel 1942 e nel 1943 collabora con la cd. Agenzia Mühlmann (Dienststelle Mühlmann) divenendo referente per l'Italia e accompagnando Franz Kieslinger e Kajetan Mühlmann nelle loro campagne di rapina di opere d'arte nei paesi occupati. 

Del periodo di detenzione a Isernia, sappiamo da quanto scrive in "Memorie di un veneziano".

Dopo la fine della seconda guerra mondiale ritorna a Venezia.

Benno Geiger ha scritto non solo saggi storici d'arte, ma anche poesie. Inoltre, ha tradotto Dante e Petrarca in tedesco. Per la sua opoera di traduttore, ha ricevuto nel 1959 il premio "Johann Heinrich Voss" dall'Accademia tedesca per la lingua e letteratura tedesca di Darmstadt.

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